Così disse di noi San Giovanni Paolo II

[…] La Congregazione dei Passionisti, che fin dall’inizio si è impegnata con tutte le forze nel campo della evangelizzazione, è chiamata oggi ad operare con rinnovato vigore a servizio della nuova evangelizzazione: il mistero della Croce è il fulcro intorno al quale ogni sforzo in tal senso dovrà convergere. I figli di san Paolo della Croce sono gli eredi di una lunga tradizione di catechesi e di annuncio del Vangelo mediante le missioni popolari, gli esercizi spirituali, la direzione spirituale e tutti quei mezzi che l’amore di Dio “ingegnosissimo” (Reg., 1775, c. 16), sa escogitare. Occorre perseverare in questo impegno rinnovando le forme tradizionali ed approntandone di nuove, in sintonia con lo zelo del Fondatore.

Mi rallegro anche delle numerose missioni che la Congregazione ha assunto in Paesi particolarmente bisognosi di evangelizzazione, attuando un progetto che fu sempre nell’anima di san Paolo della Croce. Nelle inevitabili difficoltà che questi compiti implicano, esorto tutti i suoi membri a mantenere ferma la persuasione che Dio sta preparando una grande primavera cristiana e missionaria, di cui già si vede l’inizio (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 86). Essenziale è che essi non dimentichino mai che la Croce è il segno distintivo che identifica il cristianesimo come tale e lo distingue da ogni altra religione. Nell’epoca attuale in cui spesso la confusione si insinua in tante anime, soprattutto attraverso la penetrazione di sette e culti esoterici, i Passionisti sono chiamati a mettere in evidenza la peculiarità e l’insostituibilità del kerigma della Croce, costitutivo essenziale dell’annuncio della salvezza.

4. San Paolo della Croce comunicò il “carisma” della Passione anzitutto ai “compagni”, che fin dalla prima giovinezza si sentì ispirato a raccogliere intorno a sé e poi, per il loro tramite, all’intera Congregazione e agli altri Istituti e Movimenti che ad essa fanno riferimento. La Chiesa ha riconosciuto l’autenticità di questo carisma, affidando alla Congregazione il compito specifico di mantenere perennemente viva la “memoria Passionis”, coltivandola sia nella ricerca spirituale, personale e comunitaria, sia nell’apostolato rivolto direttamente al popolo. È infatti di vitale importanza fare in modo che non venga resa vana la Croce di Cristo (cf. 1 Cor 1, 17), vigilando per smascherare la menzogna con cui il mondo tende ad appropriarsi degli stessi doni di Dio e a deformare l’immagine di Cristo impressa con il battesimo nei credenti.

Tale discernimento richiede profondo distacco dalle cose del mondo e autentica povertà di spirito, virtù che tanto stavano a cuore al Fondatore, il quale parlava in proposito di mistica morte per rinascere in Dio, invitando a immergersi nel proprio nulla: niente potere, niente avere, niente sapere.

Fedeli alla tradizione che li vuole maestri di preghiera (cf. Cost., 37), i Passionisti continueranno a coltivare una forte spiritualità che comunichi a tante altre anime assetate di perfezione il desiderio di partecipare all’annientamento di Cristo per rinascere ogni giorno ad una vita più alta (cf. Giovanni Paolo II, Redemptionis donum, 10). Ciò suppone un profondo ascolto di Dio, impegno che san Paolo della Croce, nel suo testamento spirituale, intendeva salvaguardare e custodire per mezzo della povertà, della solitudine e dell’orazione. È proprio l’ascolto di Dio che rende possibile l’ascolto dell’uomo, delle sue sofferenze, della sua fame di Dio e di giustizia[…].

(Leggi tutta la Lettera di San Giovanni Paolo II ai Passionisti per il III Centenario)